Alfredo Scarafile
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inizialmente Real Teatro Borbonico – è, in ordine di tempo rispetto alla data di fondazione (1818-1819), la seconda istituzione pubblica d’Abruzzo. Viene dopo il S. Ferdinando di Chieti (poi Marrucino) costruito tra il 1813 e il 1818, e precede i teatri dell’Aquila (1820), di Lanciano (1841) e di Teramo (1865).
Edificato sul lotto del soppresso monastero di S. Spirito, viene inaugurato – anche se incompleto – il 30 maggio 1819. I lavori, interrotti per un certo periodo di tempo, saranno ultimati solo nel 1830 con la progettazione delle parti lignee dovuta all’ing. Nicola Maria Pietrocola e con la realizzazione delle stesse ad opera dell’ebanista Pasquale Monacelli. Il 15 settembre 1832 il teatro viene inaugurato.
Dopo appena un ventennio (1841), la facciata dell’edificio richiede opere di manutenzione straordinaria. La perizia, condotta dall’ing. Errico Morra, prevede il consolidamento delle stesse coperture a tetto. L’intervento viene affidato in economia all’ing. Pietrocola sotto il controllo dei decurioni Vincenzo Marchesani e Domenico Crisci (per statuto, l’amministrazione della città gestiva la struttura con due decurioni). Tra l’altro, quella che segue è la descrizione della sala fatta dall’ing. Filippo Laccetti nel 1905, prima dei grandi lavori di restauro conclusi nel settembre 1909: «Ha tre ordini di palchi spartiti da pilastri corinti o a palma di accurato disegno e di buon effetto architettonico, mentre i parapetti decorati da cigni abbeveratisi in fontane, o da lire e da arpe, o da festoni e ghirlande appropriatissime, pallidamente rilucono sotto la doratura quasi secolare».
I documenti superstiti registrano la presenza di un cartellone di lirica (maggio 1842) con opere di Gaetano Donizetti allestite dall’impresario Fracassi (Lucia di Lammermoor, Roberto Devereux, Gemma di Vergy, La figlia del Reggimento). Da questo punto di vista, La Traviata risulta eseguita nel 1857. Ma ciò che diventa prevalente, a partire dal 1848, è l’attività dei filodrammatici Giuseppe Del Greco, Luigi e Nicola Vassetta, Alessandro Marchesani, Giuseppe Falcone, Emilio Celano, Francesco Cianci, Antonio Pantini con l’intervento di compagnie esterne di prosa.
Con l’Unità d’Italia il Teatro assume l’attuale denominazione. L’edificio è sottoposto a ulteriori migliorie (impianti di illuminazione e di sicurezza). Riapre il 26 aprile 1888 con la messinscena de Il padrone delle ferriere ad opera della compagnia Almirante. Le cronache del settimanale «Istonio» (1888-1912) resocontano l’attività dell’istituzione. Compagnie musicali (Lambertini, Gonzales ecc.) presentano, in autunno, repertori di melodramma e operette. Compagnie di prosa – drammatiche e comiche (De Novellis, Guerrera, Grasso sr.) – deliziano il pubblico borghese con pièces da Sardou a Scarpetta. La farsa locale viene valorizzata da Giovanni Grasso con la traduzione in siciliano della commedia di Luigi Anelli (Lu ziju spiccicatu). Vengono rappresentate opere di autori locali come Ottavio Suriani.
Il 18 settembre 1909, con la Geisha di Sidney Jones inscenata dalla compagnia di operette Alfredo Fabrini, il teatro apre nuovamente le sue stagioni. Il nuovo impianto presenta il plafond dipinto da Federico Ballester (Le ore deliziate dalle muse), le decorazioni a stucco ad oro ventitré carati della ditta Manetti di Firenze, tappezzerie a imitazioni damasco, pitture degli ingressi e decorazioni sempre di Ballester.
Al termine del primo conflitto mondiale, la gestione viene affidata a impresari privati come Gaetano Martone (1886-1927) e Michele Martone (1912-1986), suo figlio. Durante il periodo Bongarzone viene eseguita la prima dell’operetta Core me’ (1932) su libretto di Espedito Ferrara e con musica di Aniello Polsi.
L’occupazione militare di Vasto negli anni 1943-1945 riduce il Rossetti a magazzino. Il degrado dell’istituzione cominciato in questo periodo ha, nel trafugamento dell’ottocentesco sipario, l’episodio più doloroso. Il lungo abbandono trova le prime risposte nel 1973. Nel 1987 viene nuovamente riaperto con il concerto di Severino Gazzelloni.